Trattativa Stato-Mafia? Una storia che viene da lontano

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PRIMODi Salvo Barbagallo

 

Innanzitutto: cosa significa “trattativa”? Secondo il vocabolario Treccani, la “trattativa” è “la fase preliminare e preparatoria di un contratto, di un accordo, di un patto o di un trattato, nella quale con una serie di incontri e di colloqui, di discussioni, di proposte e controproposte, se ne concorda la forma definitiva”. Secondo il vocabolario Hoepli, la “trattativa” è la “Discussione preliminare fatta allo scopo di concludere un affare, stipulare un accordo e similari”. Secondo il dizionario Garzanti, “trattativa” è la “discussione in cui le parti interessate alla conclusione di un affare, di un patto, di un trattato si scambiano e valutano le reciproche proposte.”.

Potremmo scorrere altri dizionari, e lo abbiamo fatto, ma per “trattativa” abbiamo trovato solo un denominatore comune fra le varie definizioni: “discussione”.

Se cerchiamo il termine “trattato” qualcosa cambia. Per il vocabolario Sabatini Coletti, “trattato” significa “Patto che riguarda importanti questioni inerenti gli stati interessati come soggetti di diritto internazionale”. Per il vocabolario Treccani al termine “trattato” diverse le voci della definizione, fra le quali “Trattativa, scambio di proposte per la conclusione di un accordo” oppure “Cospirazione, congiura, accordo segreto al fine di rovesciare un ordinamento politico”.

Cosa si deve intendere, letteralmente parlando per “Trattativa Stato-Mafia”?

Il senso comune, la conoscenza, l’esperienza, l’informazione ci rispondono più chiaramente di una qualsiasi definizione: sappiamo bene cosa sia lo Stato, altrettanto bene cosa sia la Mafia. Ma…

Cos’è veramente lo Stato?

Affidiamoci nuovamente ai dizionari. Secondo il dizionario Sapere, fra le moltissime voci che indicano il termine Stato come “status”, si ritrova la formulazione più accessibile: per Stato si intende “l’entità giuridica e politica che è frutto dell’organizzazione della vita collettiva di un gruppo sociale nell’ambito di un territorio, sul quale essa esercita la sua sovranità”. Il dizionario giuridico Simone amplia la definizione:

“lo Stato è una comunità di individui [Popolo], stanziata su un determinato territorio e organizzata secondo un ordinamento giuridico indipendente ed effettivo.

Lo Stato è, quindi, un ordinamento:

— politico, vale a dire diretto a fini generali, in quanto è portatore dei fini dell’intera comunità sociale, anche se in un determinato contesto storico esso perseguirà alcune finalità piuttosto che altre;

— giuridico, in quanto il sistema delle norme che regolano la condotta dei consociati e degli stessi pubblici poteri ne costituisce elemento essenziale e indefettibile;

— originario, in quanto trova in se stesso il fondamento della sua validità e della sua legittimazione, non derivando dalla volontà di un ordinamento superiore;

— indipendente, in quanto non riconosce alcuna autorità superiore che ne possa condizionare l’attività e si pone in posizione di parità con gli altri ordinamenti dello stesso tipo;

— sovrano, in quanto detiene la suprema potestà dimperio, che si impone in tutto il territorio e nei confronti di tutti coloro che ad esso appartengono [Sovranità].

Il termine Stato non sempre è adoperato con lo stesso significato: di solito esso indica la comunità statale nel suo complesso, talvolta designa gli organi di governo, talaltra l’apparato amministrativo”.

Ebbene, la Mafia con chi ha trattato? Evidentemente non con una entità astratta, ma con uomini che, in un modo o in un altro, rappresentavano lo Stato italiano.

Da che mondo è mondo i rappresentanti dello Stato (forze dell’ordine) sono entrati sempre in contatto con la criminalità, dai contatti a più basso livello (vedi i confidenti “pagati” con soldi dello Stato per avere informazioni), ai livelli più alti (vedi l’uso che organismi statali hanno fatto della criminalità organizzata nel corso della seconda guerra mondiale e anche nei decenni dopo). In merito c’è un’enorme pubblicistica che ha descritto fatti regressi e, addirittura a volte, anticipato avvenimenti che si sono verificati dopo. Tutte questioni più che note già alla gente comune in Sicilia e nel resto d’Italia.

C’è un bel libro, dimenticato e introvabile, edito da Feltrinelli nel 1973, dal titolo eloquente “I Complici”, scritto con dovizia di particolari e ricca documentazione da un acuto giornalista del quotidiano “L’Ora” di Palermo, Orazio Barrese, dove si descrivono gli intrecci più complessi fra politica e criminalità. Basterebbe rileggere “I Complici” per comprendere non solo quanto sia accaduto fino alla data di pubblicazione, ma anche quello che sarebbe inevitabilmente accaduto dopo nel corso degli anni.

Oggi sulla “trattativa Stato-Mafia” c’è un processo in corso e bisognerebbe comprendere che sotto accusa non è lo Stato in quanto ”entità” che rappresenta e racchiude l’intera collettività italiana ignara, ma quegli uomini che lo Stato, e quindi tutti gli italiani, rappresentavano, e nel caso che le loro colpe vengano provate in maniera definitiva e incontrovertibile, quando sarà dimostrato che hanno agito approfittando dello “status” che ricoprivano, cioè delle funzioni che avevano nel corso della loro attività istituzionale, allora dovranno essere comminate le pene adeguate.

E’ una questione di logica e di giustizia: le responsabilità attribuite agli uomini degli apparati devono essere ricercate e verificate negli avvenimenti che si sono susseguiti negli anni in Italia e, soprattutto, in Sicilia. Senza che rimangano zone d’ombra, senza che “complici” e protagonisti abbiano la possibilità – come purtroppo è sempre accaduto – di farla franca.

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